Non è infrequente che sorgano delle problematiche sui pagamenti che i condomìni, così come le altre forme di proprietà immobiliare, debbono alle società che gestiscono alcuni servizi fondamentali, sopratutto quello idrico.
Ma il gestore può agire in ingiunzione fiscale contro il condominio?
Partiamo dall’inizio. Cos’è l’ingiunzione fiscale?
Si tratta di un vecchissimo istituto normativo, che risale addirittura al 1910, il Regio Decreto 619.
L’ingiunzione fiscale consiste in un atto di natura complessa, atto amministrativo e titolo esecutivo, per mezzo del quale l’amministrazione accerta il credito (tassa, multa ecc.), con eventuali interessi e sanzioni, e intima il pagamento entro 30 giorni della somma dovuta, sotto pena di esecuzione forzata.
Si tratta sostanzialmente di un ordine di pagamento: se il debitore non paga, l’amministrazione (o il concessionario al quale ha affidato il recupero del credito) può agire esecutivamente (per esempio con il pignoramento dello stipendio o del conto corrente).
Si sono verificati alcuni casi, più frequenti da quando la gestione di molti servizi pubblici ha iniziato ad essere affidata a società miste privato-pubblico, nei quali i gestori hanno provato ad esigere i propri crediti usando questa procedura. I ricorsi all’autorità giudicante hanno visto negli anni consolidarsi la tesi secondo cui questa modalità non è ammissibile, pertanto tali ingiunzioni sono da ritenersi nulle.
In pratica i giudici affermano che solo le dirette emanazioni della pubblica amministrazione possono agire con ingiunzione, e che quindi in ogni caso in cui il soggetto agente non sia facente parte della PA l’ingiunzione è illegittima.
Infatti l’art. 2 del regio decreto è una norma eccezionale che, in quanto tale, non può essere applicata a soggetti diversi e ulteriori rispetto a quelli i specificamente individuati dalla norma, cioè lo Stato e alcuni Fondi ed Enti Territoriali, o da altri enti pubblici, successivamente istituiti, indicati in leggi speciali con esclusione delle società, anche quelle a partecipazione pubblica, a causa della loro natura privatistica.
Quanto alle società miste, aventi capitale sociale integralmente pubblico e incaricate in via esclusiva di gestire il servizio pubblico, si tratta di soggetti distinti dallo Stato e dagli Enti Pubblici e prive del potere di autoaccertamento dei tributi che, dunque, non possono giovarsi del procedimento di “ingiunzione tributaria”.
Le società miste, aventi capitale sociale integralmente pubblico e incaricate in via esclusiva di gestire il servizio pubblico, sono soggetti distinti dallo Stato e dagli Enti Pubblici e sono prive del potere di auto-accertamento dei tributi e non possono pertanto utilizzare il procedimento di ingiunzione fiscale.
Ma c’è un altro motivo che ostacola questa pratica: quanto alle somme che la società di gestione del servizio idrico ha richiesto, la tariffa del servizio idrico integrato, non ha, in tutte le sue componenti, natura di tributo, ma costituisce corrispettivo di una prestazione contrattuale. Quindi, gli importi richiesti dal gestore del servizio idrico, sono dovuti se e in quanto i singoli servizi (come depurazione e servizi di fognatura) siano stati effettivamente resi.
Quindi in pratica non si può procedere a ingiunzione anche per il fatto che la cosiddetta bolletta dell’acqua non è un tributo, una tassa, ma il compenso per un servizio, regolato da un contratto. Ciò che conferma la differenza tra ciò che può esigere la PA e ciò che ha diritto di chiedere il gestore privato di un servizio sia pure di natura pubblica.